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STUDIO MALFATTI INFORMA


Data pubblicazione:
06.11.2025


Burnout: una sindrome in crescita che può interessare ogni ambito lavorativo

Il fenomeno è sempre più diffuso e comporta gravi conseguenze per lavoratori e organizzazioni. L’Inail presenta i principali strumenti e strategie per comprenderlo e prevenirlo efficacemente - ROMA - Una recente scheda informativa del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail approfondisce il fenomeno del burnout, le sue cause ed impatti, presentando i principali strumenti di valutazione e le strategie di prevenzione articolate su più livelli.

Un fenomeno in crescita. Il burnout, o “sindrome da esaurimento professionale”, è una condizione psicofisica che nasce da uno stress lavorativo cronico mal gestito. Descritto per la prima volta negli anni ’70 negli Stati Uniti come problematica tipica delle professioni di aiuto, il fenomeno ha assunto nel tempo contorni sempre più ampi, fino a poter coinvolgere oggi qualsiasi categoria professionale, ben oltre le sole professioni d’aiuto. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha implementato la definizione di burnout nella classificazione internazionale delle malattie (ICD-11) nel 2019 specificandone la sua natura organizzativa. Tale sindrome si manifesta in tre dimensioni: esaurimento, distacco mentale dal lavoro (o cinismo) e senso di inefficacia. Il problema, inoltre, non si esaurisce nel malessere individuale, ma ha ricadute pesanti anche sulle organizzazioni in termini di clima interno e perdita di produttività.

Cause e conseguenze. Tra i principali elementi di rischio si annoverano carichi di lavoro eccessivi, mancanza di supporto, scarsa autonomia, leadership inadeguata e conflitti interpersonali sul lavoro. Tra le conseguenze sulla salute più frequenti ritroviamo disturbi fisici o psicosomatici ma anche comportamentali. Sul piano lavorativo, questi effetti si traducono in maggiore assenteismo, ridotta performance e aumento del turnover.

La prevenzione: un approccio su tre livelli. Il D.lgs. 81/2008 prevede l’obbligo per i datori di lavoro di valutare anche i rischi psicosociali che possono determinare l’insorgenza di stress lavoro-correlato. È in questa direzione che si muove la scheda informativa pubblicata dal Dimeila dell’Inail, che propone un approccio integrato alla prevenzione del burnout, articolato su tre livelli. Prevenzione primaria, che mira a intervenire sulle cause organizzative dello stress (es. carichi di lavoro, relazioni, stili di leadership). Prevenzione secondaria, che si concentra sul potenziamento delle risorse individuali, attraverso la formazione, il supporto psicologico e lo sviluppo di strategie di gestione dello stress (coping). Prevenzione terziaria, che agisce sui casi già conclamati, attraverso percorsi di cura e riabilitazione per ripristinare il benessere del lavoratore.

https://www.inail.it/portale/it/inail-comunica/news/notizia.2025.11.burnout-una-sindrome-in-crescita-che-puo-interessare-ogni-ambito-lavorativo.html Strumenti di valutazione e ruolo delle aziende. Diversi strumenti validati a livello internazionale permettono di misurare il burnout, come il Maslach Burnout Inventory (MBI), l’Oldenburg Burnout Inventory (OLBI) e il Copenaghen Burnout Inventory (CBI). Questi test aiutano a identificare tempestivamente le situazioni critiche e a costruire piani di intervento mirati. Il ruolo delle organizzazioni è cruciale: la prevenzione del burnout non può essere lasciata alla sola responsabilità del singolo. Servono ambienti di lavoro sostenibili, politiche di benessere psicofisico, formazione dei manager e spazi di ascolto. Una corretta valutazione dei rischi, unita a strategie di prevenzione multidisciplinari e partecipate, rappresenta oggi la via più efficace per affrontare un problema che, se ignorato, rischia di diventare strutturale.

FONTE: https://www.inail.it/portale/it/inail-comunica/news/notizia.2025.11.burnout-una-sindrome-in-crescita-che-puo-interessare-ogni-ambito-lavorativo.html


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