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Data pubblicazione:
09.12.2025
Infortuni e malattie professionali: la maggiore vulnerabilità dei lavoratori immigrati in Italia
Uno studio Inail relativo al quinquennio 2019-2023 analizza rischi, condizioni lavorative e contributo della forza lavoro straniera al sistema produttivo nazionale - ROMA - Gli immigrati rappresentano una risorsa essenziale per demografia ed economia del nostro Paese, ma risultano più esposti a infortuni e tecnopatie. Una pubblicazione curata dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail evidenzia cause, settori più colpiti e fattori che aumentano la rischiosità per i lavoratori nati all’estero.
Un Paese che invecchia, una forza lavoro che cambia. Con 5,3 milioni di residenti stranieri, pari al 10% della popolazione, l’Italia trova nelle comunità immigrate un sostegno decisivo contro il calo demografico e la contrazione della forza lavoro. La componente straniera, mediamente più giovane e con una maggiore fecondità rispetto a quella italiana, seppure tali caratteristiche siano attualmente in diminuzione, contribuisce a compensare l’impoverimento demografico italiano e a sostenere settori produttivi essenziali, come agricoltura, edilizia, ristorazione e industria leggera. Nonostante ciò, persistono disuguaglianze salariali, difficoltà di riconoscimento dei titoli di studio e una forte concentrazione in mansioni a bassa qualifica.
Lo studio Inail: dati e tendenze del quinquennio 2019-2023. La pubblicazione della Consulenza statistico attuariale si fonda su dati elaborati dagli archivi statistici dell’Inail e di consultazione della Banca dati statistica presente sul portale istituzionale, con aggiornamento al 30 aprile 2024, e analizza l’andamento di infortuni e malattie professionali tra lavoratori immigrati e italiani, mettendo in luce forti asimmetrie. Pur rappresentando il 10% degli occupati, i lavoratori nati all’estero denunciano il 20% degli infortuni e l’8% delle malattie professionali. L’incidenza infortunistica risulta dunque più che doppia rispetto agli italiani: 31 casi ogni 1.000 occupati contro 14. Il fenomeno è legato anche alla maggiore presenza straniera nei settori a più alto rischio, alle tipologie contrattuali precarie e alla frequente condizione di irregolarità lavorativa.
Cause della maggiore esposizione al rischio. Secondo l’analisi, gli immigrati sono spesso impiegati in lavori manuali e particolarmente usuranti, che comportano movimentazione di carichi, posture incongrue ed esposizione prolungata a sforzi fisici. Ostacoli linguistici, formazione sulla sicurezza non sempre adeguata e scarsa familiarità con le norme aumentano ulteriormente la vulnerabilità. Ne derivano sia un più elevato numero di infortuni, sia una maggiore incidenza di patologie da sovraccarico biomeccanico e disturbi psichici legati allo stress lavorativo.
Un focus su rider e studenti. Un’analisi specifica è stata dedicata ai rider e agli studenti delle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado. Di recente, infatti, è stata estesa la tutela assicurativa Inail ai ciclofattorini, che sono stati equiparati agli altri lavoratori dipendenti. Il settore dei rider impiega molta manodopera straniera e nel periodo 2021-2023 delle 1.337 denunce pervenute all’Inail 671 provengono da nati all’estero, con le comunità pakistana, bangladese, indiana, marocchina e nigeriana tra le più colpite. Per quanto concerne gli infortuni occorsi in ambito scolastico, si è evidenziato che nel 2023 poco più del 5% degli infortuni ha riguardato i nati all’estero e, di questi, la quasi totalità proviene da scuole statali.
Tutele, criticità e prospettive. Lo studio sottolinea infine che, in base al principio di parità di trattamento, i lavoratori stranieri hanno diritto alle stesse prestazioni economiche e sanitarie degli italiani in caso di infortunio o malattia. Tuttavia, molteplici circostanze spesso rappresentano un ostacolo significativo al concretizzarsi di tali tutele. La natura stessa della malattia professionale, ad esempio, che si sviluppa in un ampio arco di tempo a causa di un’esposizione prolungata a un fattore di rischio, potrebbe essere di più difficile valutazione e riconoscimento in ragione dell’accentuata mobilità del lavoro migrante, che spesso non consente la maturazione delle condizioni per la denuncia della tecnopatia, perché il lavoratore potrebbe essere già rientrato nel suo paese d’origine. Rafforzare prevenzione, formazione e inclusione risulta quindi fondamentale per tutelare una componente della forza lavoro che, pur essendo cruciale per il sistema produttivo, affronta rischi maggiori e condizioni lavorative più fragili.
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